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Museo archeologico dei Campi Flegrei

Caratteri

Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei, inaugurato nel 1993, è ospitato all'interno di una fortezza di età aragonese, opportunamente restaurata ed adeguata alla nuova destinazione espositiva, collocata sulla sommità dell'alto promontorio che chiude a Sud il golfo di Baia, e dal quale si domina l'intero golfo di Pozzuoli e le isole di Capri, Ischia e Procida.

Nel museo sono esposti reperti archeologici unici e di straordinario valore provenienti dai Campi Flegrei, un territorio la cui fama, legata all'amenità dei luoghi e alla salubrità delle sue sorgenti termali e del clima, è celebrata e tramandata anche nelle fonti antiche.

 

Il sito e la storia del Castello Aragonese di Baia


La collina, su cui ora sorge il Castello Aragonese di Baia, era occupata in epoca romana da una grandiosa villa rientrante nella tipologia delle lussuose residenze marittime della nobilitas di Roma, i cui resti ancora sopravvivono emergenti lungo il pendio retrostante.

Alcuni corpi di fabbrica del castello furono costruiti, infatti, inglobando le strutture della villa romana, tuttora visibili a quote differenti lungo l'attuale discesa a mare sul lato orientale del castello, fra cui un ambiente intonacato ed un tratto dell'antica rampa a tornanti che conduceva alle pendici del costone roccioso.

Anche sul lato occidentale del promontorio vi sono resti di ambienti, riportati sulle carte topografiche come villa di Cornelio Dolabella, forse in ricordo della dimora che questo oratore aveva a Baia. Nello specchio d'acqua antistante l'arenile, infine, è stato documentato un complesso di monumentali peschiere, che trovano confronto con quelle dipinte nelle raffigurazione di alcuni edifici dell'antica costa baiana, in particolare lo Stagnum Neronis e gli ostriaria, riportati altresì in modo schematico ed indicati con didascalie incise su una serie di fiaschette vitree tardo antiche, prodotte a Puteoli e utilizzate come souvenirs per i turisti dell'epoca. La cronologia della villa risale all'età tardo repubblicana (II-I sec. a.C.), con una continuità di vita fino all'epoca flavia (poco dopo la metà del I sec. d.C.).

Il castello venne costruito sul finire del XV secolo da Alfonso d'Aragona per difendere il golfo di Pozzuoli dalle incursioni moresche, nell'ambito di un vasto programma di costruzione di sistemi di fortificazione condotto in tutta l'Italia meridionale, con lo scopo sia di predisporre una valida difesa contro le frequenti invasioni saracene, sia contro il tenace antagonismo dei baroni locali, spesso coalizzati per abbattere il dominio reale.

Lo storico Riccardo Filangieri riferisce che il sovrano, avvalendosi dei consigli dell'architetto Francesco di Giorgio Martini, fece erigere una fortificazione a Baia a difesa dell'ampia insenatura che va da Miseno a Nisida. Non restano oggi tracce dell'originaria architettura del castello, quale fu edificato in epoca aragonese, e poi radicalmente trasformato nei decenni successivi del vicereame spagnolo in seguito alle innovazioni introdotte nelle tecniche militari.

Il completamento dell'opera di rafforzamento del castello, lasciato interrotto dagli Aragonesi, fu attuato più tardi dal vicerè Pedro Alvarez de Toledo, quando il castello fu danneggiato nel 1538 dall'eruzione di Monte Nuovo, evento che rese necessari estesi restauri, congiunti a quelli voluti da Don Pedro, che comportarono la definitiva perdita della primitiva fisionomia, rappresentata in una xilografia del 1539, nella quale si scorge un altissimo mastio merlato a pianta quadrangolare, cinto da una cortina muraria a sua volta rinforzata da torri angolari parimenti merlate, con base a scarpa e pianta quadrata. Il nuovo organismo edilizio si presentò notevolmente ingrandito verso Sud fu costituito con mura poderose, direttamente poggiate sul banco di roccia tufacea, che fecero assumere ad esso l'aspetto che conserva tuttora.

L'ampio programma di potenziamento del sistema di difesa era concepito come una serie articolata di fortificazioni tra loro organicamente collegate; vennero infatti realizzate piazzeforti disposte prevalentemente lungo la costa (a Gaeta, Mondragone, Ischia, Baia e Pozzuoli), per ostacolare lo sbarco delle flotte nemiche.

L'attuale pianta del forte si presenta allungata e si sviluppa parallelamente al versante orientale del promontorio. A Nord-Ovest si trova, in posizione avanzata, la torre di guardia denominata Torre Tenaglia, per la forma del baluardo posto alla sua base; negli angoli contrapposti, verso Sud, sorgono altri due baluardi, di cui quello ubicato a Sud-Est consentiva di controllare gli accessi al mare, mentre quello a Sud-Ovest assicurava la difesa dell'accesso da terra, che avveniva mediante una tortuosa gradinata che conduceva ad un primo ponte levatoio. Ad ovest la protezione era assicurata dalle bocche di fuoco dislocate lungo il perimetro merlato e da una doppia cinta bastionata. Il nucleo abitativo originario del castello (maschio o donjon) si trovava nella parte più alta del promontorio, in prossimità della Torre Tenaglia, ed il percorso che conduceva fino ad esso era protetto da altri tre ponti levatoi.

Nel 1575 Benvenuto Tortorelli propose la costruzione di un muraglione di cinta dal lato del mare avendo individuato un punto di debolezza nella difesa del castello; nel 1670 l'ingegnere della Real Corte, Francesco Antonio Picchiatti, indicò urgenti opere di manutenzione, tra cui il restauro del parapetto del baluardo delle Dame e del muro di sostegno di quello soprastante, denominato dello Stendardo.

Nel Settecento il castello fu quindi interessato da numerosi eventi: per un trentennio fu occupato dalle truppe austriache, subì nuovi assedi durante il breve periodo della Repubblica partenopea, e una ulteriore breve occupazione da parte delle truppe francesi di Giuseppe Bonaparte; e dopo la riconquista borbonica si procedette al rafforzamento del fortino a mare ed alla costruzione di nuovi quartieri per i soldati.

Nel 1887 il presidio militare del castello cessò la sua funzione di fortificazione posta a difesa del litorale flegreo, periodo a partire dal quale iniziò una fase di declino, con continui trasferimenti di proprietà da un'amministrazione all'altra.

Durante la prima guerra mondiale il forte fu adibito alla custodia dei prigionieri di guerra, per cui sul terrazzo della Torre Tenaglia furono innalzati alti muri per la creazione di un recinto.

Nel 1926 l'Alto Commissariato della Provincia ed il Comune di Napoli ottennero dal Demanio dello Stato che il castello fosse destinato a sede di un grande istituto per gli Orfani di Guerra; nell'arco di tre anni vennero effettuate notevoli opere che trasformarono radicalmente il castello, alterando e talvolta cancellando le tracce delle costruzioni realizzate nei secoli precedenti.

Nel 1975 il castello cessò la sua funzione di orfanotrofio e la proprietà tornò al Demanio, che nel 1984 provvide ad assegnarlo alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Napoli e Caserta, che ne aveva proposta la destinazione a museo archeologico dedicato dell'area flegrea.

 

I percorsi


Nella splendida cornice paesaggistica che si ammira dalla fortezza aragonese, l'allestimento museale ricostituisce contesti smembrati di provenienza flegrea, riunendo reperti di vecchio ritrovamento, finora custoditi prevalentemente nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, a quelli provenienti dai recenti scavi dell'Università Federico II, dell'Orientale, del Centre J. Bérard e della Soprintendenza stessa, secondo una esposizione ragionata per contesti topografici e tematici, sotto la direzione scientifica del prof. Fausto Zevi.

Nelle ex camerate dei soldati della fortezza, disposte in sequenza continua su due livelli, la visita comincia con la Sezione di Cuma al secondo livello, composta da ventiquattro sale con l'illustrazione della storia del sito dall'abitato opico di IX sec. a.C., alla città greca dall'VIII al V sec. a.C. e alla sua topografia: mura, strade, santuari necropoli - , alla città Sannitica di IV sec. a.C. - con l'esposizione nella sala n. 12 di un rarissimo fregio di metope dipinte e triglifi di un edificio templare - alla città Romana con l'esposizione di reperti scultorei e architettonici dagli edifici pubblici del foro all'ultima fase di occupazione nel periodo bizantino.

La Sezione di Pozzuoli, costituita da venti sale nel primo livello illustra la storia del sito: la prima espansione urbana della colonia augustea - edifici per spettacoli, acquedotto, la città cosmopolita con la ricostruzione nella sala n. 37 della Grotta del Wady Minahy nel deserto egiziano - la colonia neroniana e il nuovo assetto urbano voluto dagli imperatori, la ripresa tardo-antica, le ville suburbane e le necropoli.
Sulla piazza d'Arme è visitabile la Sezione del Rione Terra, con l'esposizione dei reperti provenienti dai recenti scavi della Soprintendenza e pertinenti alla decorazione architettonica del Capitolium e a quella scultorea di altri edifici pubblici del foro augusteo, costituita da statue ideali, tra cui la testa di Athena Lemnia, da una serie di ritratti di età giulio-claudia e dai frammenti pertinenti a statue di cariatidi e clipei, che ricordano l'attico del foro di Augusto a Roma, di cui si propone all'esterno un'ipotesi di ricostruzione.

Contemporaneamente sarà sperimentata a cura del Personale addetto al restauro una nuova azione di manutenzione programmata delle opere esposte, finalizzata alla loro presentazione estetica e al loro monitoraggio conservativo.

 

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