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Ricollocati due piccoli monumenti commemorativi nella villa comunale

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Dopo il restauro del monumento ai Caduti in Guerra, della fontana detta dei "quattro cannelli" e l'inaugurazione della piazza Rione Terra, l'azione amministrativa tesa al recupero degli elementi più significativi della memoria storica della nostra Città è proseguita, con la ricollocazione, il 5 agosto scorso, nella villa comunale, di due piccoli monumenti commemorativi che furono temporaneamente rimossi dalla loro sede per un necessario restauro e per agevolare i lavori di riordino di detto luogo.

La prima stele, dedica la villa comunale a Giuseppe Mazzini, la seconda, costituita da una piccola colonna, fu dedicata, nel 1950, dal popolo di Pozzuoli, ad un giovane puteolano ucciso il 28 luglio del 1943, appena tre giorni dopo la caduta del regime fascista.

Per non perdere una memoria significativa, ci sembra giusto ricordare gli eventi che portarono la Comunità ad erigere il monumento, attingendo alle memorie di un puteolano "Luigi D'Alfonso" , aderente al Movimento di Liberazione Nazionale, che fu testimone oculare dei fatti.

" Il 25 luglio del 1943, alle ore 22,45, la radio trasmise il comunicato con cui il maresciallo Pietro Badoglio veniva nominato Capo del Governo. La notizia sorprese la popolazione puteolana che, il giorno dopo, fu costretta a prendere atto degli avvenimenti, per lo stato d'assedio a cui era stata assoggettata la Città. Numerosi soldati in armi presidiavano le strade e in particolare gli edifici pubblici.

Sui muri della città fu affisso il decreto con cui il maresciallo Badoglio istituiva il coprifuoco.

Lo stesso manifesto riportava il seguente ammonimento:
"Chiunque si illuda di intralciare il normale svolgimento, e tenti di turbare l'ordine pubblico, sarà inesorabilmente colpito".

Nel pomeriggio del 28 luglio, un nutrito gruppo di antifascisti puteolani si riunì presso la cassa armonica al C.so Vittorio Emanuele, per poi portarsi, seguito da numerosi cittadini, presso la "Casa del Fascio" sita nella villa comunale, su cui intendeva issare la bandiera tricolore.

Alla vista del corteo, i militari che presidiavano l'edifico, si schierarono con le armi puntate e le baionette innestate per far fronte ad un'eventuale sommossa, così come imponeva la circolare emessa dal governo Badoglio appena due giorni prima e di cui si riportano alcuni articoli:

Art. 6) non è ammesso il tiro in aria. Si tira sempre a colpire come in combattimento;

Art. 8) i caporioni e istigatori del disordine, riconosciuti come tali, siano fucilati, se presi sul fatto, altrimenti siano giudicati immediatamente dal tribunale di guerra in veste di tribunale ordinario;

Art. 10) il militare impiegato in servizio di ordine pubblico che compie il minimo gesto di solidarietà con i dimostranti o non ubbidisce agli ordini o vilipendia superiori ed istituzioni venga immediatamente passato per le armi;

Art.11) il comandante di qualsiasi grado che non si regoli di cui sopra venga immediatamente deferito al tribunale di guerra che siederà e giudicherà nel termine di non oltre 24 ore.

L'ufficiale comandante del drappello che difendeva l'accesso alla "casa del fascio", impugnando una pistola tentò di dissuadere i manifestanti dal loro intento e, contemporaneamente, cercando di evitare un inutile spargimento di sangue, ordinò ai propri soldati di non perdere la calma e di non sparare.

La tensione però era cresciuta e partirono alcuni colpi di arma da fuoco che ebbero l'effetto di disperdere i manifestanti ma, anche, di privare della vita il sedicenne puteolano Alberto Iaccarino, a cui la Città dedicò il monumento che è stato ricollocato, il 5 agosto nella villa comunale, dove fu eretto nel 1950 per ricordarne il sacrifico e segnalare il luogo dove tale sacrificio fu consumato ".

L'omicida non fu mai identificato.

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