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Rione Terra

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Il Rione Terra

"C'è un quartiere dove i capitoli della lunga storia di Pozzuoli si sono sovrapposti in modo unico, un pò come pagine di un libro ed è il Rione Terra"

Questa è l'espressione usata da Alberto Angela in una puntata di Superquark del 2011 per descrivere il Rione Terra di Pozzuoli.

Fino agli anni '60 il Rione Terra era ancora centro pulsante, per quanto popolare, della città ed il passare dei secoli avevano ormai nascosto le costruzioni dei tempi romani. Il 2 marzo del 1970 la rocca venne evacuata a seguito di uno dei frequenti sciami bradisismici della storia di Pozzuoli. Da qual momento in poi la rocca sarà abbandonata. Questo abbandono finirà nei primi anni '90 quando finalmente si decide di rimettere a nuovo quello che da sempre è stato il centro pulsante di una città da una storia millenaria. Proprio durante i primi lavori di ripristino che la storia è riaffiorata.

La storia

Galleria RTerra 500Il Rione Terra è da sempre il cuore di Pozzuoli. Il nome deriva dall'uso medioevale e marinaresco di indicare "terra" il villaggio o la città, quasi come opposta tout court al mare. Che il cuore della città antica fosse proprio qui, su questo sperone di tufo che coi suoi 33 metri sul livello del mare si protende sul golfo tra Nisida e Baia, era già stato raccontato dagli autori antichi, soprattutto dal geografo greco Strabone, vissuto nell'età di Augusto, che nella sua "Geografia", dopo aver ricordato che Pozzuoli (o meglio, come egli diceva alla greca, "Potioloi") era stato uno scalo navale dei Cumani, dice che questo primo insediamento, purtroppo per noi anonimo, era stato "stabilito su di un'altura".

Le testimonianze archeologiche che possano documentare questo primo insediamento sono ancora poca cosa, nonostante l'estensione degli scavi a tutt'oggi eseguiti sull'acropoli puteolana, e sono rimaste sostanzialmente quelle già noti negli anni '70: un frammento di una brocca da vino subgeometrica di fabbrica cumana e l'ansa di una coppa ionica della metà del VI secolo a.C..

L'esplosione della modernità che con l'industrializzazione (i cantieri Armstrong sono del 1866) investì Pozzuoli, non senza conseguenze notevolissime pagate in termini di uso e abuso del territorio, relegò il Rione Terra a quartiere periferico. Trasferitesi a valle progressivamente le attività economiche ed amministrative, accanto al Vescovado l'unica funzione urbana residua fu quella della Pretura (1896), sita all'ingresso del Rione da Porta Napoli. Marginalizzata dal riproporsi del fenomeno bradisismico nei primi anni del secolo scorso, nonostante interventi come la legge speciale per il risanamento di Pozzuoli (1911), la vita sul Rione Terra è continuata così in maniera sempre più precaria, e le condizioni del quartiere erano già di degrado quando si abbatterono prima l'incendio del Duomo (16 maggio 1964) e poi le vicende del bradisismo del 1970 e del terremoto dell'irpinia1980.

Questo luogo vi consente di fare un viaggio davvero speciale a ritroso nei secoli.

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Ascolta l'audio 

Il 2 marzo 1970 per gli effetti del bradisismo, Il suolo si alzava di alcuni centimetri ogni giorno e restare in quelle abitazioni abitate da duemila anni ininterrottamente era diventato troppo pericoloso, così quel giorno del 1970 fu l'ultimo vissuto dai puteolani nel Rione Terra, prima dello sgombero coatto imposto dal ministero dell'Interno e dalla protezione civile nazionale, gli abitanti furono costretti ad evacuare facendo diventare questo rione un quartiere fantasma, rimase solo il Vescovo ma tutto intorno c'erano solo case silenzione. Il Rione Terra non è stato mai dimenticato dagli abitanti che furono sgomberati, molti di loro erano pescatori e furono trasferiti molto lontano dal mare subendo gravissimi disagi data la loro particolare attività, 

Il 19 gennaio 2013 è stata inaugurata una nuova piazza sull'ingresso dal lato via tranvai assieme ad alcuni edifici della millenaria rocca. Alla piazza, a seguito di un sondaggio, è stato attribbuito il nome "Rione Terra - 2 marzo 1970", nonostante la giornata piovosa numerosissime persone sono state presenti alla cerimonia inaugurale. Il progetto di sistemazione del vuoto urbano, creato dalle demolizioni di alcuni edifici ubicati tra il versante settentrionale del promontorio del Rione Terra ed il tracciato di via Cavour, è guidato dalla volontà di recuperare alla memoria collettiva il ruolo emporico e commerciale di Puteoli in epoca romana.

Dopo il taglio del nastro e lo scoprimento della lapide che ha dato il nome alla piazza, è stato proiettato un filmato inedito con le immagini del percorso archeologico e dei lavori in fase di ultimazione condotti dal Consorzio Rione Terra. 

   Pozzuoli la Storia il Rione la Città

Dai primi anni della colonizzazione greca e romana fino all'epoca moderna, secondo lo storico greco Strabone, la rocca era da considerarsi lo sbarco di Cuma e fu qui quindi che con ogni probabilità, nel 529 a.C. sbarcarono gli esuli dell'isola di Samo e fondarono Dicerachia, il governo dei giusti. Fu però in epoca romana che Pozzuoli e la rocca conobbero il loro periodo di maggior splendore.Clicca per ingrandire
Pozzuoli per secoli è stato, prima della nascita di Ostia, il maggior porto di Roma e conseguentemente la città ne giovò. L'allora Puteoli venne dedotta a colonia romana nel 194 a.C. ed aveva proprio nella rocca il suo cuore pulsante. Con la nascita del porto di Ostia prima ed il decadimento dell'Impero Romano poi, Pozzuoli cadde velocemente in declino, fino a che la vasta città che si estendeva fino a comprendere la moderna Bacoli, si ridusse proprio alla piccola rocca del Rione Terra.

E da questo momento (400 d.C. circa) che questo angolo di città inizia a "stratificarsi". Le culture che si sono succedute hanno costruito le loro botteghe le loro abitazioni su quelle che un tempo erano le mura romane.
L'esempio più lampante di questo fenomeno è senza dubbio il Duomo della città di Pozzuoli,che fu edificato proprio sulle mura del Tempio di Augusto. Il Duomo, costruito all'epoca della dominazione spagnola, ingloba il Tempio di epoca romana, che a sua volta inglobava un tempio di età repubblicana risalente al 194 a.C., che venne già ristrutturato da Silla nel 78 a.C.  

La scoperta avvenne, a margine dei lavori effettuati dopo l'incendio della cattedrale avvenuto nel maggio del 1964.

 

Gli scavi

Gli scavi del Rione Terra hanno messo in luce notevoli tratti di strade, sia lungo il percorso del decumano mediano e in qualche punto di quello di Via Duomo, sia lungo il cardine di Via San Procolo, e a margine di esse sono tornati alla luce, in eccellente conservazione, i fronti delle insulae antiche, restate a lungo in uso fino ad età tardo medievale e poi passate a far da fondazione ai fronti dei fabbricati di età barocca. La prima cosa che colpisce chi percorre queste stradine è la differenza con le città vesuviane, anzitutto la loro larghezza di appena qualche metro, a partire almeno dalla ristrutturazione urbanistica di età Augustea, al cui confronto perfino i cardini di Ercolano appaiono larghissimi, il che dà subito l'idea della fame di spazio che deve aver sempre caratterizzato, fin dalle origini, la vita della città entro l'acropoli. Gli incendi devono aver giocato un ruolo importante nella storia del quartiere. Tracce di incendi, forse conseguenti al sisma di Pompei del 62 o a quello di Napoli del 64 d.C., o forse indipendenti da questi, si sono notati in alcune botteghe lungo il cardine di via San Procolo. I materiali scaricati nei pozzi di alcune tabernae chiuse dopo la pulizia dei crolli appartengono, infatti, a tipologie uguali a quelle anteriori all'eruzione vesuviana del 79 d.C.

Dopo questa fase "catastrofica" la vita, almeno nel settore nord-orientale della città, è continuata tranquilla almeno sino alla metà del III secolo, come sembrano testimoniare i materiali ceramici costituenti l'arredo di un'altra delle tabernae scavate presso l'incrocio tra il cardine di Via San Procolo ed il decumano mediano, e trovati in un altro pozzo chiuso in questo periodo. Così in questo pozzo la crisi delle produzioni italiche, determinata dalla autonomia produttiva delle province, alle quali Augusto aveva riconosciuto anche l'autonomia amministrativa, traspare dalla modesta quantità delle sigillate tardo-italiche rispetto alla grande presenza di sigillata africana. Anche la maggior parte delle lucerne viene importata dall'Africa settentrionale, e alcune forme sembrano di produzione tunisina.

Chi abitava questi quartieri? Non è facile dirlo. Al pian terreno di queste insulae, dietro le cadenzate sequenze di pilastri laterizi non s'intravedono ingressi di case patrizie, ma solo magazzini e tabernae. Al di sotto si sviluppa spesso un altro piano, talvolta anche due, di cisterne e cunicoli scavati nel tufo, certo anche in quest'area risalenti alla fondazione della colonia, per immagazzinare acqua piovana prima della costruzione dell'acquedotto.

Le testimonianze che si sono poste in luce con gli scavi sino ad oggi condotti sull'acropoli, per quanto attiene ai rivestimenti pavimentali e parietali, sono comunque limitatissime. La causa è da ricercarsi non solo nel ricordato, persistente cambio di destinazione d'uso che buona parte dei complessi scavati ha subito in età imperiale, quando molte delle tabernae e degli borrea sono stati trasformati in ambienti di lavorazione ma, soprattutto, nella distruzione, anch'essa ricordata, dei piani superiori a quelli posti a livello stradale, avvenuta al momento della costruzione della città cinquecentesca e seicentesca.

L'enorme quantità di lastrine e di mattonelle in marmo rinvenute negli scarichi di materiali di età moderna, negli strati di abbandono di età imperiale e in una fossa riempita di scarti di lavorazione di marmi, testimonia peraltro del largo impiego di questo tipo di pavimenti, dall'età neroniana-flavia sino al III secolo d.C., per i quali venivano usati marmi pregiati provenienti dall'Oriente (pavonazzetto), dalla Grecia (imetto, rosso antico, portasanta), ma anche dall'Africa (numidico) e dalle Alpi Apuane (bardiglio).

Nella maggior parte dei casi a mostrare come gli edifici di questo quartiere dovessero essere destinati a funzioni di rappresentanza, sovviene la scultura, di cui abbondantissimi elementi si sono rinvenuti scaricati nei riempimenti di età tardo-rinascimentale. A fronte di tale fenomeno, che non finisce di stupire di fronte all'assoluta bellezza di alcune delle sculture ritrovate, in particolare, al di sotto del Vescovado, è molto scarso invece il riutilizzo al Rione Terra, rispetto alla vistosità dello stesso fenomeno in altri centri campani, quali ad esempio Amalfi, Ravello, e Salerno, di elementi sia decorativi che architettonici dell'età classica che, pur presenti nelle fondazioni o inglobati nell'opera cementizia delle murature non assumono mai, tranne che in rarissimi casi, una funzione anche decorativa. La strepitosa serie di sculture, prodotte probabilmente da officine operanti nei Campi Flegrei per la committenza romana, sia quella privata delle ville, sia quella pubblica dei grandi monumenti ufficiali, e che lavorano marmi greci come il pentelico, utilizzato per le sculture di peplophoi, sono per lo più repliche di eccellente qualità di prototipi di capolavori greci dell'età classica e ritratti per lo più di personaggi eminenti della corte imperiale; una combinazione tipica della decorazione di grandi edifici pubblici che sembra indicare, come si è detto, la destinazione prevalente di questi complessi a immediato ridosso del tempio capitolino. E quasi a controprova della provenienza da edifici pubblici va segnalata l'assenza di quelle piccole sculture decorative che costituivano invece il grosso delle decorazioni delle case private, come mostrano gli esempi delle città vesuviane. 

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